Eventi e Sagre
TRADIZIONI POPOLARI
Il folklore e le tradizioni popolari del Salento sono fra le più vive e originali della Puglia e del Sud Italia intero. Numerosissimi sono anche i canti d’amore salentini, di lavoro e di lutto, le ninne-nanne sia in salentino che in Griko. La forte influenza ellenica si esprime infatti nei canti, nelle fiabe e nei racconti di streghe, ninfe e folletti che popolano la magica campagna salentina, nelle grotte e sotto i dolmen. Di particolare interesse antropologico risulta essere il culto della pizzica, la musica tradizionale e battente che un tempo accompagnava i riti di guarigione delle tarantate, cioè delle donne che si credeva fossero state morse dalla tarantola. In realtà, si trattava di un originale modo di manifestarsi dell’ isteria.
Il tarantismo è un fenomeno storico-religioso che affonda le sue radici nelle religioni. La vittima del morso simbolico della mitica tarantola trova rimedio al suo male in un ballo liberatorio chiamato Pizzica, che col ritmo ossessivo dei tamburelli conduce ad uno stato di trance naturale.
Una menzione particolare merita la tradizionale pizzica-scherma (detta anche danza delle spade, ballata per tutta la notte alla festa di San Rocco il 16 agosto a Torrepaduli), in cui la Pizzica assume ancor più chiaramente la forma di colonna sonora di uno psicodramma, di tipo maschile e “guerriero” piuttosto che femminile e “sensuale”. Accompagnata da eccellenti gruppi musicali locali la Pizzica, è ballata da migliaia di persone di ogni età nelle piazze del Salento in occasione delle tantissime feste popolari. Il culto dei santi è fondamento della religiosità popolare del Salento. Si venerano la statua e il luogo sacro che la ospita. Ancora oggi in onore loro e della Madonna vengono celebrate feste grandiose con fuochi d’ artificio e spettacolari luminarie di cui i salentini sono primi maestri al mondo e allegre bande musicali che accompagnano in processione le splendide statue di cartapesta.
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Un’ altra curiosità salentina è la cosidetta “quaremma”: si tratta di un pupo di pezza, una vecchietta vestita di nero “cu lu maccaturu” (fazzoletto nero per la testa), “la scialla” (lo scialle) e “lu tamantile” (grembiule dalla vita in giù) intenta a filare la lana “cu la cunucchia” (con la conocchia) e “lu fusu” (il fuso). La Quaremma o Caremma (dal francese Careme, in altre parole Quaresima) nella tradizione popolare, rappresenta la moglie del Carnevale e compare sulle terrazze delle case quando le festività carnevalesche sono finite e quindi il marito può dirsi morto. Le Quaremme fanno così capolino dalle terrazze quando inizia la Quaresima, quel lungo periodo di astinenza e penitenza che precede le festività della Santa Pasqua. La Quaremma regge tra le mani il fuso e la conocchia, simboli della laboriosità e del tempo che trascorre e ha ai suoi piedi un’ arancia nella quale sono conficcate sette penne, una per ogni settimana di astinenza e sacrificio che precede il giorno di Pasqua, quando sarà rimossa dalle terrazze e bruciata. Il fuoco purifica e rigenera realizzando così un nuovo ciclo destinato a ripetersi negli anni.